- 1 Novembre 2016
- Proprietà industriale
Quando Henry Ford scrisse nella sua biografia che ogni cliente avrebbe potuto ottenere un macchina Ford T di qualsiasi colore, purché fosse nera, era il 1922 ed eravamo all’Industria 2.0, ovvero nell’industria della produzione a catena che imponeva vincoli così forti che ogni variante richiesta dai clienti doveva venire disattesa.
Ora nel nuovo millennio l’industria si è evoluta, è sparita la catena di produzione, abbiamo macchine dotate di software sofisticati e che producono in modo automatico secondo le istruzioni ricevute. Ma anche questo aspetto sta cominciando a divenire passato: è infatti alle porte quella che comunemente si chiama “Industria 4.0”.
Ci sono diversi fattori che stanno concorrendo alla nascita dell’Industria 4.0: la disponibilità dei cosiddetti “Big Data” che analizzano milioni di dati allo scopo di scoprire quali sono o quali saranno le tendenze dei consumatori, il “Cloud” che permette di memorizzare grandi quantità di dati a costo molto bassi, l’interconnessione tra oggetti e/o macchine tramite sistemi evoluti di radio frequenza.
In estrema sintesi “Industria 4.0” significa trasformare il modo di produrre beni di qualsiasi tipo in modo che le macchine adibite allo scopo interagiscano tra di loro con speciali software e speciali collegamenti virtuali. In tal modo ciascuna macchina sa cosa sta succedendo a monte o a valle del ciclo produttivo e, in caso di anomalie, ad esempio per qualità fuori dagli standard, riesce ad informare la macchina in errore che così corregge il proprio modo di operare. Questo colloquio tra macchine, magazzino scorte o prodotti finiti, ottimizza tutto il processo produttivo tale da abbattere i costi minimizzando gli sprechi implementando la qualità.
Per contribuire all’innovazione, all’adeguamento tecnologico e organizzativo delle nostre imprese bisogna assolutamente approfondire le nuove tecnologie di fabbricazione come ad esempio l’additive manufacturing, l’evoluzione della ricerca sui materiali e sul loro impiego a livello industriale, la digitalizzazione di prodotti e dei processi.
Le motivazioni che portano le imprese ad adottare le tecnologie per lo smart manufacturing sono principalmente la riduzione dei costi e il miglioramento del servizio. Si tende infatti a soddisfare
prontamente le richieste del cliente sia in prestazione che in qualità, oltre ad essere competitivi nel prezzo.
Tornando alla macchina Ford T, con l’organizzazione di Industria 4.0 sarebbe sufficiente chiedere al costruttore un colore qualsiasi solo un giorno prima della spedizione perché l’impianto di verniciatura recepirebbe l’ordine e dal magazzino interconnesso con la verniciatura, arriverebbe il colore richiesto.
Le barriere invece sono molte, in particolare la scarsa maturità digitale generale delle impresa, la mancanza di adeguate infrastrutture, gli impianti datati, ma soprattutto i limiti culturali e organizzativi.
La resistenza al cambiamento è forte, soprattutto nel management meno giovane. Ci sono anche limiti organizzativi che si risentono soprattutto nelle PMI.
Rimane comunque il fatto che il passaggio delle industrie all’organizzazione 4.0 diventerà un’esigenza ineludibile se non si vogliono perdere parti consistenti di mercato.
È quindi stato presentato al momento giusto il piano governativo volto a facilitare le industrie in questa nuova concezione della produzione allo scopo di divenire sempre più competitive nello scenario di un mondo globalizzato.
Nella prossima Legge di Stabilità la strategia governativa andrà a focalizzare in particolare 5 punti:
- 1 – Investimenti in innovazione: l’obiettivo è di portare le aziende ad investire nell’analitica dei big data per costruire nuovi modelli di business (in passato: legge Sabatini, super ammortamento, credito di imposta R&S, Patent Box)
- 2 – Fattori abilitanti: potenziare le infrastrutture e connettività, portando una copertura a 100 mega bps attraverso il piano banda Ultra larga e Misure di sostegno alla domanda di connettività. Investire in formazione mirata alle competenze digitali e indirizzata verso tutti i soggetti professionali
- 3 – Standard di interoperabilità, sicurezza e comunicazione IOT. Lavorare in sede nazionale e internazionale per facilitare l’adozione di processi produttivi e modelli di business basati sull’internet of things e l’analitica dei dati. Sicurezza, resilienza e flessibilità. Adottare standard operativi aperti ma guidati dai bisogni industriali.
- 4 – Riconsiderare la regolamentazione dei rapporti di lavoro: adeguare la materia ad un contesto nuovo. Maggiore autonomia e responsabilizzazione del lavoratore. Relazioni più flessibili e decentrate che permettano di valorizzare le competenze e le abilità
- 5 – Costruzione di una finanza d’impresa capace di sostenere lo sforzo di investimento necessario a cogliere le opportunità di industria.
C’è pure da fare qualche considerazione dal punto di vista occupazione.
La trasformazione delle macchine che sono già sofisticate e che dispongono di software complessi in macchine capaci di mettersi in relazione con altre macchine del ciclo produttivo, è una necessità ineludibile.
Ma le macchine (per nostra fortuna) non riescono ad interfacciarsi tra loro senza l’intervento dell’intelligenza umana. È perciò necessario che tecnici con una adeguata preparazione producano nuovi software, nuovi mezzi di comunicazione tra le macchine. Di conseguenza è importante che i giovani orientino sempre di più i loro studi verso specializzazioni di cui l’industria ha bisogno.
Un solo dato: nonostante la preoccupante disoccupazione giovanile, è molto difficile trovare un ingegnere elettronico e un meccatronico che non trovi il proprio adeguato posto di lavoro nell’industria del Nord Est.
Questo è un segnale incoraggiante, si tratta di scegliere la strada che offre oggi e anche domani certezza di occupazione.
Con l’auspicio che il numero di coloro che troveranno i nuovi lavori sia superiore a quello di coloro che lo potranno perdere a causa del riassetto industriale.
Ercole Bonini
Articolo pubblicato il 2 novembre 2016 su veneziepost.it
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