- 10 Novembre 2020
- Proprietà Intellettuale
In un articolo apparso sul Corriere Economia di lunedì 2 novembre a firma di Guido Santevecchi, veniva illustrata la grande possibilità che ha l’Italia di aumentare in modo significativo l’export verso la Cina.
E questo proprio ora, nella situazione economica attuale piena di ombre e di problematiche molto complesse.
Nell’interessante articolo viene spiegato che i cinesi, durante il loro forzato lockdown dovuto alla pandemia, che si dice abbiano già superato, hanno aumentato i loro risparmi del 35% essendo impossibilitati di fatto a spendere se non per le cose essenziali alla sopravvivenza. Ma ora sono pronti a spendere ed è lo stesso Stato, attraverso i rappresentanti più alti, che incoraggia a comperare acquistando non solo i prodotti locali, ma anche quelli esteri.
Nell’articolo citato appare anche la necessità di riposizionare la nostra presenza in Cina, non nel senso di delocalizzare come spesso si è fatto, ma di aumentare gli investimenti in nuovi prodotti per offrirli al mercato cinese anche affinando le strategie di marketing, ad esempio, creando siti web della propria azienda in lingua cinese.
Sappiamo bene quanto sia forte il richiamo per i consumatori cinesi di ogni cosa che sia “made in Italy” per la precisione che offriamo in ogni particolare e per il gusto estetico che trasferiamo in ogni creazione e in qualsiasi settore, quel gusto che ci invidia tutto il mondo.
Le nostre PMI sono tradizionalmente orientate al mercato europeo e statunitense. Ma la situazione in cui ci ha fatto precipitare la pandemia, ha indebolito tutte le economie che sono il nostro mercato di sbocco a cominciare dalla Germania.
Per reagire efficacemente a questa situazione di calo produttivo e alla conseguente mancanza di fatturato, osserviamo che diverse aziende stanno creando nuovi prodotti anche in ambiti poco tradizionali come il “green” e li brevettano, segno evidente che la parte innovativa è preponderante rispetto al vecchio prodotto. A maggior ragione, è quindi essenziale raggiungere i mercati che possono recepire questi nuovi prodotti . Ricordiamo che la classe media cinese conta circa 400 milioni di persone. Questo vuol dire che, ricchi a parte, il mercato che può essere interessato ai nostri prodotti è ben vasto.
Inoltre, cosa da non trascurare, mentre i nostri analisti parlano di un difficile e lento recupero della nostra economia, nel prossimo anno la Cina prevede un aumento del PIL del 5%, cosa per noi purtroppo impensabile.
Un’altra considerazione va fatta: se nel 2020 il PIL cinese si aggira su circa il 72% del PIL americano, gli analisti prevedono che nel 2032 ci sarà un sorpasso del PIL cinese rispetto a quello americano.
E’ vero che queste sono previsioni tutte da verificare, ma è anche vero che il numero dei consumatori cinesi è di 1,4 miliardi. E le nostre PMI fanno presto a saturare le loro possibilità di vendita in un mercato così grande.
Sappiamo che le grandi aziende italiane che a suo tempo hanno investito in Cina, godono di ottima salute perché i risultati sono superiori ad ogni aspettativa.
E perché allora anche le nostre PMI non possono provare ad offrire i loro prodotti al mercato cinese presentandoli nel modo più efficace, magari creando un proprio sito web in lingua cinese?
Articolo pubblicato il 10 Novembre 2020 su veneziepost.it
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