- 18 Gennaio 2024
- Proprietà industriale
- Ercole Bonini
Il know-how aziendale costituisce un valore competitivo per l’impresa. Tutelare il know-how, quindi, significa valorizzare l’asset economico dell’intera azienda. Ma come si misura il valore economico del know-how aziendale?
Il know aziendale: cosa è e da cosa è costituito
Anzitutto, ricordiamo che sotto la definizione di know-how si raggruppano, oltre alle innovazioni brevettate e protette, che di loro costituiscono e rappresentano già un valore e un patrimonio per l’impresa, ente o start-up, anche tutte le informazioni ed esperienze interne all’azienda e come tali ritenute segrete (tra cui tutte le conoscenze non brevettate o non brevettabili, comprese quelle inerenti clienti e fornitori, dai piani strategici ai procedimenti tecnici aziendali), essendo queste dei beni immateriali, ma dal grande potenziale e che se non adeguatamente protette possono rappresentare per il dipendente infedele o per i competitors delle vere e proprie fonti di innovazione e, seppur indirettamente, di investimento e guadagno. Senza contare il vantaggio concorrenziale sul mercato.
Metodi di valutazione
Per eseguire una stima del valore di mercato del know-how è opportuno prendere in considerazione non solo l’azienda o l’ambito alla quale questa fa capo quale oggetto di valutazione, ma è fondamentale tenere conto anche e soprattutto delle risorse immateriali, quali i brevetti.
È opportuno, quindi, riportare alcuni tra i principali metodi di valutazione.
Per i beni immateriali sono di diverso tipo e si distinguono al loro interno tra metodi empirici e analitici. I primi consistono nell’osservazione pratica dei prezzi di mercato dei beni immateriali simili a quelli oggetto della valutazione, e a questi si applica sostanzialmente un paragone o confronto.
Gli analitici si fondano, invece, su un approccio reddituale-finanziario, per stimare quanto vale oggi un asset sulla base dei rendimenti futuri attesi.
I principali metodi per la stima del valore delle risorse immateriali guardano quindi ai costi sostenuti per la realizzazione e per l’eventuale riproduzione della risorsa immateriale: la somma dei redditi derivanti dallo sfruttamento della risorsa stessa; l’eventuale calcolo delle royalties presunte (nel caso in cui la risorsa venga data in licenza ad uno o più soggetti); il calcolo delle perdite derivanti dall’eventuale cessione della risorsa immateriale.
Si tratta di valutazioni fortemente soggette a variabilità, poiché basate su previsioni e calcoli a breve-medio termine, in modo da poter rispondere il più possibile a uno scenario attualizzabile e, nei limiti del possibile, reale. L’orizzonte temporale di valutazione deve tenere conto, infatti, della natura del know-how, potenzialmente indefinita, ma soggetta ad una tendenziale imprevedibilità.
La scelta, da parte degli esperti, dei metodi da usare, dipende dalla tipologia di risorsa immateriale, dal suo obiettivo ultimo e anche dalla disponibilità e possibilità di reperire informazioni.
La valutazione, inoltre, può essere effettuata per diverse finalità: in caso di concorrenza sleale con appropriazione, replicazione e/o imitazione indebita e usurpazione di know-how; per attrarre investimenti, partner o quotazioni.
Ma in che modo il Know-How può creare valore?
Il know-how per creare valore non deve essere convenzionale, risultando una fonte di innovazione per il mercato. A prescindere dall’ambito di interesse.
Come proteggere il proprio Know-How?
La protezione dei segreti industriali, pur in assenza di brevettazione, è possibile attraverso strumenti di tutela e salvaguardia.
Spesso, però, le imprese, un po’ per scarsa conoscenza della materia, non sono molto consapevoli dei vantaggi che possono trarre dai beni intangibili, agevolando così sul mercato competitors e subendo gravi violazioni. Le controversie in materia di know-how sono infatti sempre più frequenti, e spesso sono a carico di ex dipendenti infedeli che sottraggono le informazioni riservate al precedente datore di lavoro per accreditarsi presso la nuova azienda. Il principale strumento è la segretezza. Le informazioni aziendali di carattere commerciale e tecnico sono infatti tutelabili semplicemente in quanto segrete, aventi un valore economico in quanto segrete e sottoposte a misure ragionevolmente adeguate a mantenerle segrete. Ulteriori strumenti a tutela di queste informazioni non mancano. In particolare, quando subentrano anche terzi (stakeholders, dipendenti, collaboratori, clienti, fornitori) gli accordi di riservatezza sono una misura indispensabile: si tratta a tutti gli effetti di un accordo tra le parti che viene stipulato quando determinate informazioni devono rimanere segrete o comunque non devono in alcun modo essere diffuse al fine di tutelare l’integrità del progetto. Oggetto dell’accordo di riservatezza devono quindi essere dati e informazioni che non siano già di pubblico dominio. Con la sottoscrizione di un patto di riservatezza le rispettive parti (due o più imprenditori concorrenti, datore di lavoro e lavoratore dipendente o autonomo che egli sia, e ancora tra committente e lavoratore indipendente) si obbligano a non rivelare o divulgare il contenuto delle informazioni tutelate dall’accordo e qualificate come confidenziali, o a farne altrimenti uso. Nel caso del coinvolgimento di lavoratori dipendenti o collaboratori, si può anche prevedere un c.d. “patto di non concorrenza”.
Affidati a un professionista
Lo Studio Bonini mette a disposizione un team di professionisti specializzati nella tutela del know-how e dei segreti aziendali e industriali. Affidarsi a professionisti del settore è un passo imprescindibile in queste fasi. Noi diamo il giusto valore alle idee e al loro sviluppo: assistiamo i nostri clienti nel riconoscere, valorizzare e tutelare i diritti sulle proprie opere d’ingegno.