- 30 Maggio 2024
- Brevetti
- Ercole Bonini
La pandemia è stata una fase in cui anche il brevetto in ambito farmaceutico è divenuto oggetto di dibattito pubblico. Non che prima non lo fosse, ma certamente la questione scottante in fase emergenziale della deroga sui brevetti per i vaccini anti-Covid, ha fatto discutere il mondo intero scuotendo l’opinione pubblica e anche il mondo scientifico.
Non solo, però. Non sono mancate, infatti, anche in questo caso e mentre l’umanità intera era afflitta dal virus, le battaglie legali: su tutte, si ricorda quella intentata dall’azienda farmaceutica statunitense Moderna contro Pfizer e il suo partner tedesco BioNTech per violazione di brevetto nello sviluppo del primo vaccino contro il Covid-19 approvato negli Stati Uniti, sostenendo che le due aziende avrebbero copiato la tecnologia sviluppata da Moderna anni prima.
La causa, per la quale è stato richiesto un risarcimento indeterminato, è stata intentata, nel 2022, presso il tribunale distrettuale degli Stati Uniti in Massachusetts e il tribunale regionale di Düsseldorf in Germania.
Ma anche la tedesca CureVac ha intentato, a sua volta, una causa contro BioNTech in Germania. All’accusa, BioNTech ha replicato difendendo l’originalità del suo lavoro.
Il brevetto nell’industria farmaceutica
Il mercato farmaceutico si caratterizza principalmente per la presenza di due tipologie di aziende: quelle innovative e quelle non.
Le aziende farmaceutiche innovative sono focalizzate sulla ricerca e lo sviluppo di farmaci con un elevato valore terapeutico aggiunto.
Le aziende farmaceutiche non innovative sono produttrici di farmaci il cui bisogno terapeutico non è importante e il cui valore terapeutico aggiunto è scarso, sostenendo costi nettamente inferiori rispetto agli ingenti investimenti in ricerca e sviluppo.
La realizzazione di prodotti farmaceutici originali richiede infatti alle imprese di affrontare costi elevati in sede di ricerca e sviluppo del farmaco, volti all’ottenimento di un brevetto che permetta una protezione diretta a preservare l’esclusività ed a garantire un ritorno sugli investimenti.
Come spiega l’autorevole sito dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri il brevetto in campo farmaceutico “è l’atto legale che stabilisce la proprietà da parte di un’azienda o un laboratorio farmaceutico su una specifica scoperta. Lo scopo è di ottenere il monopolio – per un periodo di venti anni – nella vendita del farmaco, che eventualmente ne deriva, senza che altri possano produrre e vendere lo stesso prodotto”.
Rischi connessi al brevetto in campo farmaceutico
Come la fase pandemica ha dimostrato, non è insolito che le aziende farmaceutiche, in particolare nel caso di ricerche innovative, tendano a mantenere una posizione di monopolio sul mercato, non solo tramite l’imposizione di un valido brevetto, ma attraverso intese e accordi che alterano la concorrenza.
Il licensing obbligatorio permette l’utilizzo di un brevetto farmaceutico senza il consenso del suo detentore in casi specifici, come emergenze sanitarie oppure se il brevetto non è sfruttato adeguatamente. Eppure, nel caso del vaccino anti-Covid, l’egemonia delle Big-Pharma ha dettato le regole.
La richiesta di sospensione dei brevetti con una deroga è stata avanzata, in pandemia, da molti Stati, e in particolare da India e Brasile. Ma i grandi Paesi, soprattutto quelli dell’Unione europea, non hanno facilmente ceduto, optando per delle “donazioni” del farmaco ai Paesi poveri.
Nonostante in casi eccezionali, come quello dell’emergenza sanitaria, a prevalere dovrebbe essere l’interesse della collettività, in campo scientifico, e della ricerca farmacologica in particolare, non mancano i contrasti e le posizioni dominanti legate al monopolio.
Il ruolo dell’Antitrust
All’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) spetta garantire che il mercato farmaceutico rimanga competitivo e che non si verifichino abusi.
Il brevetto in ambito farmaceutico è obbligatorio?
Come riporta il sito dell’Istituto Mario Negri, “da oltre 50 anni l’Istituto di Ricerche Farmacologiche in controtendenza con l’idea dominante, non richiede brevetti sulle proprie ricerche. Non perché contrari in linea teorica ai brevetti in campo medico. Anzi negli anni ’60 e ’70, quando in Italia non esistevano brevetti per i farmaci, proprio Mario Negri sosteneva la necessità del brevetto come incentivo necessario per assicurare l’innovazione scientifica. Lo facciamo soprattutto per essere liberi. Liberi nell’orientamento e nella selezione dei temi di ricerca. Se invece l’obiettivo fosse il brevetto e il suo sfruttamento, sarebbe inevitabile orientarsi verso ricerche economicamente sfruttabili”.
Quindi, la risposta alla domanda è no. Ma fatta eccezione per l’ambito emergenziale, quello della ricerca e sviluppo in ambito farmacologico è un campo che richiede investimenti ingenti da parte dell’industria, che quindi doverosamente tutela le proprie scoperte.
Necessità di un giusto bilanciamento
Un problema ricorrente è quello del giusto equilibrio tra la tutela dell’invenzione e il bene della collettività.
Essenziale, in tal senso, anche sulla base di quanto la pandemia ha portato all’opinione pubblica, è la proficua collaborazione tra le autorità nazionali ed europee e le industrie farmaceutiche, al fine di creare un ambiente che possa da un lato favorire e incrementare l’innovazione e che, al contempo, assicuri un accesso equo al farmaco e ai trattamenti per tutti.
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