- 29 Agosto 2024
- Copyright
- Raffaele Bonini
In un precedente approfondimento abbiamo affrontato il tema del plagio nella musica con riferimento ad un caso eclatante che ha visto a confronto in aula di tribunale il re del Pop Michael Jackson e il noto cantante italiano Al Bano Carrisi. Nel corso dell’approfondimento è stato evidenziato quanto complesso sia in effetti, tranne in casi nei quali il plagio è una palese copia di un brano o di un testo esistenti, accertare la violazione, per la quale non vi è nessuna regola fissata nella musica obbligando, di caso in caso, ad accertare le responsabilità delle parti coinvolte con il parere di numerosi esperti.
Nel cinema, invece, è possibile muovere un’accusa di plagio? E quando possono sussistere i presupposti? Partiamo col dire che anche nel cinema i casi di plagio e le relative accuse non mancano. Spesso, film e serie TV, hanno quale soggetto base un libro, un racconto, le tavole di un fumetto, ma anche un fatto di cronaca o realmente accaduto. Non sempre, però, soprattutto in casi di grande successo e che vedono coinvolti nel progetto nomi di spessore, la fonte (anche solo d’ispirazione) viene citata. Ma anche nella settima arte accertarne la violazione non è proprio semplice. Di seguito riportiamo alcuni casi, tra questi sono coinvolti anche dei film italiani.
Il plagio nel cinema
Si può considerare plagio quello commesso da un’opera filmica ai danni di un’altra, della quale riproduce elementi chiave, senza l’autorizzazione. Si può parlare quindi di plagio quando osservando un film questo risulta “riconoscibile” in un altro.
Alcuni casi
James Cameron non ha certo bisogno di presentazioni, eppure spesso si è trovato al centro di accese polemiche e accuse relative a presunti plagi per le sue opere. Nel 1984, l’uscita nelle sale di “Terminator”, cult movie degli anni Ottanta che ha poi dato vita a un’intera saga e a una serie TV, ha portato il regista a uno scontro acceso con lo sceneggiatore Harlan Ellison, che lo accusò di plagio. L’opera originale, a detta di Ellison, era il suo “Soldier”, primo dei due episodi della serie TV “The Outer Limits” che narra la vicenda di un soldato del futuro che torna indietro nel tempo per salvare una donna da un nemico proveniente dal futuro. Le somiglianze, nel caso specifico, erano talmente evidenti che la produzione dovette patteggiare con Ellison offrendo, oltre a una imprecisata somma di denaro, i crediti per le successive uscite del film.
Ma non sempre l’esito può essere quello sperato per l’una o l’altra parte.
Al centro di un’altra celebre controversia, infatti, è stato il nostro film “L’ultimo squalo” (1981), diretto da Enzo G. Castellari, sull’onda del successo ottenuto a livello planetario da “Lo squalo” (1975) di Steven Spielberg. La risposta italiana a basso budget al mostro marino della Universal, che mescola al girato anche spezzoni ripresi da documentari con protagonisti veri squali, è stata infatti citata a giudizio dalla casa di produzione e distribuzione statunitense. “L’ultimo squalo”, infatti, durante la prima settimana di programmazione nelle sale statunitensi, ha registrato incassi record, con la Universal che non ha mancato l’occasione per muovere nei confronti del film l’accusa di plagio. Nonostante le trame siano differenti, e quella italiana guardi più al secondo capitolo della saga ufficiale che non al primo, la Universal ha ottenuto il ritiro e la messa al bando de “L’ultimo squalo” dal mercato Usa.
Plagio o concorrenza sleale?
Un altro film, ben più recente, del filone shark movie finito sul banco degli imputati è invece “Under Paris” di Xavier Gens, produzione Netflix e titolo più visto al suo rilascio sulla piattaforma. In questo caso l’accusa di plagio è stata mutata in “concorrenza parassitaria”. Il film francese di Netflix vede al centro della trama uno squalo che nuota nella Senna seminando il terrore nella capitale a poche ore dall’inizio dei Campionati Mondiali di Triathlon. Il regista Vincent Dietschy ha accusato la piattaforma e i produttori del film di essersi appropriati della sceneggiatura di “Silure”, un film di cui aveva avuto l’idea nel 2011, la cui trama vede protagonista una giovane poliziotta, sommozzatrice della brigata fluviale di Parigi, che si trova di fronte a un fenomeno naturale senza precedenti, incarnato da un gigantesco pesce gatto assassino. Mentre la creatura scatena il panico nella capitale, minacciando la politica del sindaco a pochi giorni dalla scelta della città che ospiterà i Giochi Olimpici, l’eroina si trova in prima linea per affrontare l’animale con l’aiuto di un giovane ittiologo del Cnrs e del suo superiore, il comandante.
In effetti le somiglianze tra i due soggetti sono evidenti. Nonostante ciò, il produttore di “Under Paris”, Edouard Duprey, ha respinto le accuse. Poiché sarebbe troppo complicato accusare la piattaforma streaming di plagio, il procedimento legale avviato riguarda “atti di parassitismo”, ovvero di concorrenza sleale.
Quando può essere considerato plagio?
A dover essere presi in analisi per l’accusa di plagio sono molti e differenti elementi. Occorre quindi sempre analizzare quali sono gli elementi oggetto di ripresa. A prescindere, l’utilizzo totale o parziale di un’opera cinematografica altrui è vietato, se non espressamente autorizzato o concesso da chi detiene i diritti. Fanno eccezione i casi in cui l’opera può essere considerata nuova e originale (ad esempio la parodia o la satira, in quanto il messaggio artistico e l’intenzione differiscono dall’opera originale).
Ispirazione o plagio?
Per delimitare questa sottile linea esistono dei parametri di giudizio. Tra questi, l’originalità (un’opera che si ispira a un’altra precedente, deve contenere elementi di originalità attraverso i quali trasmettere qualcosa di nuovo); la citazione è consentita, come anche il riferimento esplicito, se questa può aiutare a distinguere l’opera ispirata dall’originale; la quantità di opera utilizzata può far la differenza così come l’utilizzo di elementi comuni o di elementi specifici (ad esempio, la figura del cow-boy in generale non può essere considerata plagio da altri titoli western, ma se si fa riferimento a un personaggio di un altro film, per citarne uno il Biondo de “Il buono, il brutto e il cattivo”, anche solo nell’aspetto fisico o nel richiamo all’abbigliamento o alle movenze e alle caratteristiche specifiche, allora il plagio c’è).
Affidati a un professionista
Lo Studio Bonini mette a disposizione un team di professionisti specializzati. Affidarsi ad esperti del settore è un passo imprescindibile. Noi diamo il giusto valore al Diritto d’Autore: assistiamo i nostri clienti nel riconoscere, valorizzare e tutelare i diritti sulle proprie opere.