- 30 Maggio 2024
- Marchi
- Raffaele Bonini
La registrazione di un marchio prevede alcune considerazioni che devono essere condotte anteriormente, tra cui quella fondamentale di evitare di depositare e/o adottare marchi cosiddetti “deboli”, ovvero troppo simili alle denominazioni generiche o alle caratteristiche dei prodotti che contraddistinguono.
Possono costituire oggetto di registrazione come marchio d’impresa tutti i segni rappresentabili graficamente: parole (compresi i nomi di persone), disegni, lettere, cifre, suoni, forma del prodotto o della confezione di esso, combinazioni o tonalità cromatiche. Anche la forma del prodotto o del suo confezionamento può costituire un valido marchio (art. 9 C.P.I.). Anche in questo caso, il segno, deve possedere comunque capacità distintiva.
Il marchio, dunque, per avere carattere distintivo, deve essere percepito dal consumatore come uno strumento d’identificazione del prodotto o dei servizi in esso e da esso rappresentati. Ma ai fini del deposito, un marchio “debole” è considerato comunque valido purché possieda un sufficiente grado di capacità distintiva, anche se limitato. Questo anche a fronte del fatto che un marchio “debole” può diventare, nel tempo, “forte”.
Cosa significa secondary meaning?
Si definisce secondary meaning il processo attraverso il quale un marchio può acquisire capacità distintiva, pur essendone inizialmente sprovvisto, grazie all’uso protratto nel tempo. Il secondary meaning si verifica quando un termine di uso comune, e quindi per natura privo di carattere distintivo, non può inizialmente essere registrato come marchio.
In che modo subentra il secondary meaning?
Attraverso l’uso continuato del prodotto o servizio, questo può acquisire un significato secondario (da cui secondary meaning), che permette di far acquisire capacità distintiva (prima assente) al prodotto o servizio, che nel frattempo acquisisce notorietà diventando facilmente riconoscibile dal consumatore.
Esempi pratici
Il termine “giornale” identifica un prodotto editoriale che quotidianamente viene venduto in edicola. Ma “il Giornale” è anche la denominazione del celebre quotidiano fondato da Indro Montanelli. Altro esempio lo si può ritrovare nel settore dell’arredamento e dei mobili: “Divani & Divani”, “Poltronesofà”, per citare i due brand più noti.
Il ruolo del marketing e della pubblicità
Come nei casi di cui sopra, e ai quali si può aggiungere anche “Rotoloni” della casa di produzione Regina, un marchio potenzialmente debole può acquisire una forte capacità distintiva se su di esso vengono compiuti significativi investimenti pubblicitari e di marketing. Ciò che rende valido un marchio originariamente nullo è proprio la modificata percezione del pubblico. Tale modifica avviene attraverso la diffusione del segno e la sua pubblicità. La prova di tale mutamento non è semplice da fornire. Si è soliti sostenere che la durata dell’uso del segno, l’ampiezza territoriale o l’ammontare degli investimenti pubblicitari affrontati dal titolare, sono elementi idonei a far presumere, pur se in via indiretta, che il pubblico abbia modificato la percezione del segno. La prova fondamentale, però, risiede nell’indagine demoscopica (o sondaggio di opinione).
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