- 15 Maggio 2020
- Brevetti
A noi italiani, tutto difetta meno che le idee! E in questo strano tempo di pandemia, le idee e le realizzazioni relative a come difendersi efficacemente dal contagio si moltiplicano ogni giorno. Non parliamo questa volta di mascherine, anche se i brevetti per le mascherine, con le soluzioni più inusuali, continuano ad essere depositati.
Parliamo invece di un problema molto importante e che si sentirà in modo particolare non appena i negozi di vestiti riapriranno. Come tutti sanno, chi entra in un negozio di abiti, prima dell’acquisto, desidera provare sulla propria persona il potenziale capo. Soprattutto il pubblico femminile non si ferma alla prima prova, ma di solito le prove, tra le diverse fogge di abito e i colori, si susseguono per almeno due, tre volte. Ora il problema che si pone è il possibile contagio che potrebbe derivare dal contatto dei vestiti con le mani e la pelle di persone che sono, consapevolmente o no, portatrici, magari sane, di infezioni da Coronavirus.
Pensare di “sanificare” i vestiti dopo che sono stati utilizzati da altri, sembra un problema quasi irrisolvibile, non fosse altro per i costi che implica. Si immagini infatti di dover inserire i vestiti provati in un contenitore per il trattamento con ozono o con raggi ultravioletti: i capi di vestiario sottoposti a questo trattamento risulteranno, come minimo, stropicciati e dovranno essere stirati, oppure i colori potranno alterarsi. Oltre ai costi, che non sono trascurabili perché necessitano dell’acquisto di attrezzature speciali, c’è anche il problema della indisponibilità temporale dei capi: infatti, se i capi sono in trattamento non possono essere subito misurati dal cliente successivo.
La soluzione semplice ed economica, oltre che “garantista dell’igiene”, che è stata brevettata da pochi giorni, consiste nel fornire, alla persona che vuol provare un abito, una specialissima quanto semplicissima tuta protettiva in grado di non inficiare né sulle forme né sui colori del capo indossato. La tuta può essere costituita da più pezzi assemblabili tra loro e utilizzabili a seconda della necessità e del tipo di capo da indossare. L’elasticità è particolarmente importante, anzi essenziale perché questa tuta non deve ”alterare” la vista e l’aspetto del vestito in prova. La tuta deve essere aderente alla pelle della persona evitando ogni piega: solo così’ non si altera l’aspetto del vestito in prova.
Inoltre, allo scopo di assicurare il cliente che la tuta protettiva possa espletare la sua corretta funzione essa dovrà avere essere usata un’unica volta e poi essere adeguatamente smaltita con basso impatto ambientale.
Un negozio che usa questi accorgimenti raggiunge il doppio scopo e cioè di dare al cliente la massima garanzia di igiene e avere la consapevolezza che i propri capi sono prevalentemente integri e immuni da ogni contagio. Il tutto ad un costo sopportabilissimo e si stima, comunque, di molto inferiore ad analoghi prodotti oggi presenti sul mercato.
I negozianti che sceglieranno questa soluzione di “sicurezza assoluta” per il cliente, si ritiene saranno preferiti rispetto ad altri che magari offrono soluzioni più macchinose e forse anche con un margine di incertezza che, visti i tempi che corrono, non possiamo permetterci.
Articolo pubblicato il 15 maggio 2020 su veneziepost.it
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