- 9 Ottobre 2016
- Brevetti
Una signora cinese un paio di anni fa mi disse: “noi cinesi se vediamo una bella poltrona italiana siamo in grado di fare un milione di copie esatte e a prezzi molto inferiori ai vostri, ma se qualcuno ci chiede una modifica, che migliori l’estetica o la funzionalità, non siamo capaci di soddisfare la richiesta perché ci manca la fantasia che per voi è una dote naturale”.
La signora cinese ha colto un aspetto molto importante del carattere italiano, la fantasia. Ma se la fantasia e la capacità di risposta alle richieste della clientela sono caratteristiche primarie in un mercato globale, ciò non è sufficiente ad assicurare il successo dell’azienda e la conquista di nuove aree di mercato. È necessario infatti che la capacità di innovazione dell’imprenditoria italiana venga indirizzata nel modo più ottimale. Non basta solo interpretare al meglio le richieste del mercato, ma è necessario anticipare queste richieste, capire dove stanno puntando i concorrenti, quali sono le innovazioni che saranno prossimamente sul mercato.
E questo si può agevolmente fare attraverso l’intelligente consultazione delle banche dati dei brevetti che sono sul web, ma che bisogna saper leggere e interpretare.
Da qui nasce un profilo aziendale, consolidato nei paesi anglosassoni ma, emergente nel contesto italiano ed europeo: l’innovation manager. Risponde all’esigenza organizzativa di avere un ruolo dedicato alla ricerca, promozione e gestione dell’innovazione.
E’ una nuova figura manageriale capace di gestire con autonomia e doti di leadership le dinamiche strategiche e gestionali dell’innovazione aziendale, intesa in termini di ricerca sul prodotto, di ottimizzazione di processi e di servizi, ma anche rivolta alla creazione di nuovi business tenendo sotto osservazione la concorrenza. Una figura di collegamento tra la parte tecnica di ricerca e sviluppo, il marketing e la Proprietà.
La figura dell’Innovation Manager, affiancata da un consulente in brevetti, individuerà anche la migliore strategia di protezione dell’innovazione nei vari Paesi con maggiori sbocchi di mercato onde evitare che i cinesi di turno facciano un milione di copie senza dover pagare alcuna royalty all’azienda che per prima ha creato il prodotto di successo.
Gli italiani non sembrano molto indirizzati alla creazione e alla valorizzazione dei beni immateriali. L’Italia negli ultimi dieci anni è stata fra i paesi europei che hanno saputo sfruttare meno i risultati della ricerca.
In Italia a trainare sono le regioni del Nord: delle domande di brevetto presentate 3 su 10 arrivano dalla Lombardia.
Le aziende italiane dovranno cambiare il loro atteggiamento nei confronti della protezione della proprietà industriale riconoscendole un ruolo primario per realizzare il successo dell’azienda nei mercati mondiali.
L’Italia deve assolutamente cogliere la sfida dell’innovazione se vuole essere competitiva nel mondo: la protezione non è un costo ma è un investimento sul futuro.
e.bonini@ ipbonini.com
Articolo pubblicato il 3 ottobre 2016 su veneziepost.it
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